Il Museo Civico Gaetano Filangieri fu fondato nel 1882 da Gaetano Filangieri Principe di Satriano, figlio del generale Carlo e nipote dell’omonimo filosofo autore de La Scienza della Legislazione.
Una parentela che va tenuta presente: difatti, sia il padre sia il nonno ebbero un acceso interesse per l’educazione, la formazione delle masse popolari e per i luoghi di esposizione di oggetti finalizzati all’educazione stessa.
Memore di questi insegnamenti, Filangieri dopo circa venti anni trascorsi in giro per l’Europa alla ricerca di opere d’arte ritorna a Napoli e nel 1878 fonda il Museo Artistico Industriale ritenuto “la festa del lavoro vivente, produttivo, fecondo, sorgente di lucro all’operaio” e poco dopo il Museo Civico, definito “una festa dell’arte antica”.
Luogo di produzione e luogo di esposizione e dei modelli, fabbrica e museo si completano a vicenda e si uniscono idealmente in un articolato progetto culturale per l’ex capitale del Regno delle Due Sicilie.
Palazzo Como: il palazzo che cammina
Il Museo ha sede nel quattrocentesco Palazzo Como, rara testimonianza a Napoli dell’architettura rinascimentale che lo rende vicino stilisticamente ai fiorentini palazzi Strozzi e Medici; popolarmente noto in passato come il “Palazzo che cammina” poiché, per consentire la rettifica dell’attuale via Duomo, l’antica facciata nel 1880 fu spostata di circa venti metri.
Fu proprio durante la costruzione di Via Duomo che Filangieri, membro della Commissione municipale per la conservazione dei monumenti, propose di donare al Comune le sue collezioni e di allocarle nel traslocato Palazzo Como e – completamente a sue spese – progettare e realizzare gli interni per adattarli a sede espositiva.
Un restauro in stile
Nella personalissima ricostruzione, che guarda ai dettami sul restauro in stile proposti in Francia da Viollet-le-Duc, Filangieri scelse di raccordare il calore di un palazzo-museo con i fini conoscitivi e comparativi di un museo moderno.
Il risultato è un originale e unico spazio espositivo che unisce alle citazioni del passato (si pensi alla scala elicoidale, alle vetrate, agli intagli e ai ferri battuti da lui stesso disegnati in stile neorinascimentale) soluzioni museografiche funzionali e all’avanguardia come la copertura a lucernaio della sala Agata che garantisce un’illuminazione diffusa dall’alto o il ricorso all’ampio ballatoio che, oltre ad offrire un ulteriore spazio espositivo, consente al visitatore uno sguardo d’assieme molto suggestivo.
Contenitore e contenuto dialogano perfettamente e ancora oggi il Museo non ha perso quel fascino e quel calore da dimora patrizia che costituisce già di per sé una testimonianza storica estremamente interessante, pur avendo subito nel corso degli anni perdite e spoliazioni.
(testo a cura del dott. Luca Manzo)
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