Da Venerdì 9 Maggio al 29 Giugno 2025

These Fragments I Have Shored Against My Ruins

Dialogo tra le porcellane esposte al Museo Filangieri e le opere di Santiago Cocullu

La mostra These Fragments I Have Shored Against My Ruins, nata dalla collaborazione tra la Galleria Umberto Di Marino e il Museo Filangieri, propone un dialogo aperto tra le ceramiche di Santiago Cucullu e le preziose porcellane antiche esposte nel Museo Filangieri, immaginando una convergenza tra due modi diversi di raccontare una storia attraverso il medium ceramico e la sua capacità di configurarsi come trasmissione e ritorno.

Santiago Cucullu ha iniziato a sperimentare la produzione ceramica per la mostra The New Old Days (2018) e ha continuato a utilizzarla con fortuna per esplorare piccoli episodi casualmente ripresi dall’immaginario urbano o dalle più disparate sottoculture. Il processo creativo scaturisce dalla traduzione degli oggetti in dispositivi oggettuali che ricompongono il ricordo. La distanza spaziale, il tempo trascorso, l’imprevedibilità degli eventi che intercorrono dal momento in cui comincia l’esperienza, fino alla realizzazione dell’opera, si traducono nel momento in cui il visitatore fruisce a sua volta in maniera soggettiva. Elementi minimi, spesso marginali o secondari, si caricano di una nuova vita, ricomposti in una narrazione mai chiusa, dove ogni creazione si offre all’osservatore come un dispositivo che doni un’esperienza in prima persona di un evento mai vissuto. E così, attraverso una lavorazione della ceramica che accoglie l’imprevedibilità delle cotture molteplici, delle rotture e degli errori tecnici l’artista produce una originale soluzione alla narrazione di un evento.

Invece, le porcellane della collezione, provenienti dalle più importanti fabbriche del tempo come Meissen e la Real Fabbrica di Capodimonte, rappresentano una perfezione formale e stilistica, un apice artigianale che riflette i valori di ordine e continuità di un’epoca diversa. Nella loro esecuzione impeccabile, raccontano una visione del mondo radicata nella stabilità della società del Settecento, in cui la rappresentazione del quotidiano viene sublimata in scene idilliache, mitologiche o decorative di straordinaria efficacia narrativa. Perfette nella loro fattura e ferme nel loro essere “compiute”, si presentano oggi come monumenti di un passato da rileggere, alla luce di mutate sensibilità contemporanee.

Il titolo della mostra, ripreso da un verso di T.S. Eliot nel poema The Waste Land, “These fragments I have shored against my ruins”, diventa il pretesto per avvicinare le due prospettive, per immaginare di vedere anche la tradizione di Capodimonte come una giustapposizione di frammenti, e non un ideale modello monolitico e stabile. Si può guardare anche a loro al pari delle ceramiche dell’artista argentino come schegge di un’epoca, tracce di una cultura che pensiamo di conoscere oggettivamente appoggiandoci a una narrazione escatologica, di continuità e derivazione, ma che potrebbero invece sottolineare quella necessità contemporanea di farsi archeologi nel presente.

Dunque, These Fragments I Have Shored Against My Ruins invita lo spettatore a interrogarsi su come passato e presente, perfetto e imperfetto, frammento e monumento possano contribuire ugualmente a una diversa e trasversale ipotesi di racconto, facendosi inno alla discontinuità; come la ceramica, che attraversa epoche e contesti, restando una forma elementare di racconto umano.

 

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